Il passaggio di Filippo II nel territorio di Abdera (Demosth. 23.183; Polyaen. 4.2.22), variamente datato tra il 355 e il 347 a.C., provocò l’espulsione dei simpatizzanti ateniesi. Il decreto onorifico per gli esuli abderiti si inserisce perfettamente in questo contesto. Sotto l’arcontato di Archias (346/5 a.C.), mentre ad Atene si procedeva a una revisione (diapsephisis) dei registri civici su impulso del decreto di Demophilos, il demos onorò tre cittadini abderiti, i fratelli Dioskourides, Charmes e Anaxipolis come benefattori di Atene (ll. 14-17). L’iscrizione rende chiaro che si tratta di esuli in cerca di rifugio ad Atene. Lo dimostra la menzione di una procedura specifica, la supplica legale (ll. 7-9), con cui gli esuli si rivolsero alle autorità ateniesi. Un passo della Costituzione degli Ateniesi (43.6) ne descrive il funzionamento. Vi si dice che ad Atene ogni anno veniva indetta un’adunanza per le suppliche, durante la quale chiunque lo desiderasse, a prescindere dalla sua condizione, poteva parlare di fronte al popolo recando in mano un ramoscello di supplice. Ciò che il trattato aristotelico evoca con una certa rapidità trova conferma e informazioni complementari nella documentazione epigrafica. Il supplice rivolgeva il suo discorso prima al Consiglio, probabilmente dopo aver deposto il ramoscello d’ulivo sull’altare. Spettava ai buleuti valutare se la supplica fosse legittima (l’aggettivo usato in questo caso è ennomos, cfr. ἔννομα ἱκετεύειν alle ll. 8-9 della nostra iscrizione) e non illegale (paranomos), fosse cioè accettabile sotto il profilo morale e legale. A seguito del superamento della verifica, il Consiglio elaborava una serie di proposte che dovevano essere discusse dall’Assemblea. Nel caso di Dioskourides il Consiglio propone di affidare lui e i suoi fratelli alla cura (epimeleia) dei consiglieri, degli strateghi e dei magistrati che svolgono servizio nelle città controllate da Atene, affinché gli onorati non subiscano alcun danno (ll. 17-20). La discussione della questione in Assemblea si conclude con la proposta di Eubo(u)lides (buleuta, ma anche demarco del piccolo demo di Alimunte e destinatario delle invettive dell’attore Euxitheos nell’orazione demostenica Contro Eubulide [57]) di ratificare quanto proposto dal Consiglio e di invitare gli onorati a pranzo presso il Pritaneo.
Un emendamento al primo decreto dell’Assemblea reca come proponente il nome di Diopeithes di Sfetto (ll. 22-23), il quale propone di aggiungere una precisazione in tema di accoglienza, di estendere cioè il diritto a risiedere in Atene agli onorati e ai loro discendenti “finché non ritornino in patria” (ἕως ἂν κατέλθωσι[ν εἰς τ]ὴ̣ν αὑτῶν, ll. 32-33), allo scopo di dimostrare che “il popolo degli Ateniesi onora i benefattori e si occupa degli amici della città tutte le volte che ne abbiano bisogno”. Si tratta della prima attestazione di questa espressione, che sembra introdurre un regime assistenziale temporaneo, il tentativo cioè di limitare l’aiuto agli esuli, divenuti rifugiati, a un periodo di tempo circoscritto. Non sono molte le occorrenze di questa espressione, che si trova, con qualche variazione, in altri quattro documenti epigrafici concernenti esuli politici in un arco di tempo che va dal 346/5 al 320/19 a.C.: IG II³ 404 (rifugiati probabilmente da Neapolis, 345-230 a.C.); IG II³ 316 (rifugiati acarnani, 337 a.C.); IG II³ 452 (decreto per Peisitheides di Delo, 334 a.C.); IG II² 545 + 2406 (rifugiati tessali, 320/19 a.C.). L’analisi di questi documenti rende evidente che la clausola non compare mai in connessione diretta con provvedimenti di naturalizzazione, bensì con il godimento di privilegi di natura fiscale. Non è chiaro, tuttavia, il senso di questa limitazione. È forse solo una coincidenza che la prima attestazione della clausola risalga al 346/5 a.C., anno della già menzionata diapsephisis, con cui si voleva epurare il corpo civico da elementi estranei al gruppo dei politai. Più pertinente potrebbe essere un riferimento nel discorso Contro Leptine alla presenza in Atene di individui che indegnamente beneficiano delle esenzioni fiscali, facendosi passare per Megaresi e Messeni (Demosth. 20.131), gruppi di rifugiati, accolti in Attica, a cui erano stati concessi privilegi fiscali. Un altro argomento da considerare è che il sistema degli onori era esposto al rischio di corruzione, giacché non è infrequente leggere negli oratori accuse contro i proponenti dei decreti onorifici di aver agito sulla scorta di un interesse puramente economico (Din. 1.43; Demosth. 23.94). Tuttavia, occorre precisare che la limitazione “finché non rientrino in patria” non sembra essere stata applicata ai meteci, neppure a quelli che godevano dell’esenzione dal metoikion. È possibile allora suggerire che la frase colga la diffusa aspirazione degli esuli politici a rientrare in patria appena le condizioni politiche lo avrebbero permesso. Una conferma viene dalla richiesta degli esuli Plateesi agli Ateniesi di far recuperare loro la patria (ἀποδοῦναι τὴν χώραν ἡμῖν καὶ τὴν πόλιν, Isoc. 14.56) o all’impegno degli Ateniesi di aiutare l’esule politico Aribba a rientrare in Macedonia e a recuperare il potere (IG II³ 404).
1 θεοί vac. Ἄβδηρος vac. Ἀθηνάα Διοσκουρίδης vacat Διονυσοδώρου· I.3 ἐπὶ Ἀρχίου ἄρχοντος, ἐπὶ τῆς Ἀκαμαντίδ- ος ἐνάτης, ἧι Κηφισόδωρος Ἀθηνοφάνους 5 Φλυεὺς ἐγραμμάτευεν· τῶν προέδρων ἐπε- ψ̣ήφιζεν Πρωτίας Ἀχαρνεύς· Εὐβολίδης Ἀν- τ̣ιφίλο Ἁλιμούσιος εἶπεν· περὶ ὧν Διοσκορ- [ί]δης ὁ Ἀβδηρίτης ἔδοξεν ἔννομα ἱκετεύει- ν ἐν τεῖ βουλῆι, ἐψηφίσθαι τῆι βολῆι τοὺς π- 10 ροέδρους, οἳ ἂν λάχωσι προεδρεύειν εἰς τὴν πρώτην ἐκκλησίαν προσαγαγεῖν αὐτὸν πρὸ- ς τὸν δῆμον καὶ χρηματίσαι, γνώμην δὲ ξυ- νβάλλεσθαι τῆς βουλῆς εἰς [τὸν] δῆμον, ὅ[τι] [δ]οκεῖ τῆι βουλῆι, ἐπε[ιδὴ εὐ]ε̣ργ̣έ̣τ̣α̣ι̣ [ἦσαν το͂] 15 [δή]μο τοῦ Ἀθηναίων Διο[σκ]ουρίδης καὶ [οἱ ἀ]- [δελφοὶ αὐ]τοῦ Χαρμῆς καὶ Ἀναξίπολις οἱ Δι[ο]- [νυσοδ]ώρο το͂ Ἀβδηρίτου ὑεῖς, ἐπιμελεῖσ[θ]- [αι α]ὐτῶν τὴν βουλὴν καὶ τοὺς στρατηγὸς κ- [αὶ] τοὺς ἄρχοντας τοὺς ἐν ταῖς πόλεσι ταῖς 20 [Ἀ]θηναίων, ὅπως ἂν μὴ ἀδικῶνται· ἐπαινέ- σαι δὲ Διοσκουρίδην καὶ καλέσαι ἐπὶ ξένια̣ II.22 εἰς τὸ πρυτανεῖον εἰς α̣ὔριον. vv Διοπείθης [Δι]οπείθους Σφήττιος εἶπεν· περὶ ὧν ἔδοξ- εν τῶι δήμωι Διοσκουρίδης ἔννομα ἱκετε- 25 ύειν, ὅπως ἂν ὁ δῆμος ὁ Ἀθηναίων [τ]ιμᾶι τ- οὺς εὐεργέτας καὶ ἐπιμελῆται τῶν ἀεὶ δε- ομένων φ̣ίλων τῆς πόλεως, ἐψηφίσθαι τ- ῶι δήμωι τὰ μὲν ἄλλα καθάπερ τῆι βουλ- ῆι, εἶναι δὲ Διοσκουρίδει καὶ Χαρμῆι καὶ 30 [Ἀ]ναξιπόλιδι τοῖς Διονυσοδώρου τοῦ [Ἀβ]δηρίτου παισὶν καὶ τοῖς ἐ̣κ̣ τούτων [οἰκ]εῖν Ἀθήνησιν, ἕως ἂν κατέλθωσι- [ν εἰς τ]ὴ̣ν αὑτῶν· εἰ[σφ]έρειν δὲ αὐτοὺς [τὰς εἰσφορὰς — — — c.13 — — —] μ̣ετὰ [— — — — — — — — — — — — — —] Dei. Abdero - Atena - Dioskourides figlio di Dionysodoros sotto l’arcontato di Archias, quando la tribù Acamantide esercitava la nona pritania, durante la quale Kefisodoros figlio di Athenophanes del demo di Flia era segretario; dei proedri ha messo ai voti Protias del demo di Acarne; Eubolides figlio di Antiphilos del demo di Alimunte ha avanzato la proposta: riguardo a quei temi per cui si è ritenuto che la supplica presentata nel Consiglio da Dioskourides di Abdera fosse legale, è stato deciso dal Consiglio che i proedri ai quali spetti di presiedere la prossima assemblea lo introducano davanti al popolo e trattino la questione, e presentino all’Assemblea il parere del Consiglio, che il Consiglio ritiene opportuno che, poiché sono benefattori del popolo degli Ateniesi, Dioskourides e i suoi fratelli Charmes e Anaxipolis figli di Dionysodoros di Abdera, si prendano cura di loro il Consiglio e gli strateghi e gli arconti di stanza nelle città degli Ateniesi, affinché non subiscano danno. Si lodi Dioskourides e lo si inviti a ricevere l’ospitalità nel Pritaneo domani. Diopeithes figlio di Diopeithes del demo di Sfetto ha proposto: riguardo a quei temi per cui si è ritenuto che la supplica presentata nel Consiglio da Dioskourides di Abdera fosse legale, affinché il popolo degli Ateniesi onori i benefattori e si occupi degli amici della città tutte le volte che ne abbiano bisogno, il popolo ha deciso per il resto come il Consiglio, ma sia concesso a Dioskourides e Charmes e Anaxipolis figli di Dionysodoros di Abdera e ai loro discendenti di risiedere ad Atene finché non ritornino in patria; paghino le tasse e …. con
- L.J. Bliquez, Philip and Abdera, Eranos 79, 1981, 65-79
- K. Chryssanthaki, Les trois fondations d’Abdère, REG 114, 2001, 383-406
- K. Chryssanthaki, L’histoire monetaire d’Abdère en Thrace (VIe s. av. J.-C.- IIe s. ap. J.-C.), Athènes 2007
- B. Gray, Stasis and Stability: Exile, the Polis, and Political Thought, c. 404-146 BC, Oxford 2015
- A.S. Henry, Honours and Privileges in Athenian Decrees, Hildesheim, Zürich, New York 1983
- S.N. Koumanoudes, Σώτιμος Δωσιθέου Kυρεναῖος, Horos 4, 1986, 11-18
- S.D. Lambert, Inscribed Athenian Laws and Decrees 352/1-322/1 BC: Epigraphical Essays, Leiden, Boston 2012
- P. Liddel, The Honorific Decrees of Fourth-century Athens: Trends, Perceptions, Controversies, in C. Tiersch (ed.), Athenische Demokratie im 4. Jh.: zwischen Modernisierung und Tradition, Stuttgart 2016, 311-333
- L. Loddo, Ἕως ἂν κατέλθωσιν εἰς τὴν αὐτῶν: Did the Athenians Reduce their Reception of Refugees in the Fourth Century BC?, Pallas 112, 2020, 199-230
- L. Loddo, I rifugiati politici nella Grecia antica, Bologna 2022
- F.S. Naiden, Ancient Supplication, Oxford 2006
- C. Veligianni-Terzi, Wertbegriffe in den attischen Ehrendekreten der Klassischen Zeit, Stuttgart 1997
- R. Zelnick Abramowitz, Supplication and Request: Application by Foreigners to the Athenian Polis, Mnemosyne 51, 1998, 554-573