Herodotus 9.33-35. La concessione della cittadinanza spartana a Tisameno di Elea (480 a.C. ca.)

È questa la prima attestazione del termine politeia e, in modo piuttosto inatteso, riguarda Sparta, una delle città più rigide, per lo meno in età classica, nella delimitazione del proprio nucleo di cittadini. Erodoto stesso sottolinea che questo è l’unico caso di concessione della cittadinanza a Sparta e questa tendenza è confermata in parte anche da altre fonti (si veda ad esempio Demosth. XXIII, 212). Non abbiamo, in effetti, altri esempi di concessione di cittadinanza fino alle riforme del re Cleomene III (235-222 a. C.), narrate da Plutarco (Cleom. 11). In Aristotele (Pol. II, 9, 1270a 35-37), invece, viene riportata una tradizione secondo la quale i “primi re spartani” concedevano la cittadinanza con più facilità per evitare che il numero dei cittadini diminuisse troppo. Un’iscrizione rinvenuta a Olimpia, risalente al 475-450 a. C. ca. (Minon I.dial.éléennes 16) parla di un’epoikia elea a Sparta, sfumando l’immagine di una comunità ostile ai contatti con l’esterno.

Il protagonista di questo episodio è il mantis dell’esercito ellenico a Platea: Tisameno di Elea. Questi diventa cittadino lacedemone, in una vicenda incentrata su un’interpretazione sbagliata di un responso delfico e sulle ambizioni belliche degli Spartani. L’indovino rifiuta una prima proposta che non contempla la politeia ma la partecipazione da leader alle guerre, insieme ai due re, in cambio di un misthos. L’offerta non è priva di interesse, Tisameno intuisce lo spiccato coinvolgimento lacedemone e decide di rilanciare, chiedendo per l’appunto una concessione totale del diritto di cittadinanza. Dopo un primo sdegnato rifiuto, che conferma la straordinarietà di una simile richiesta, sarà il terrore dell’incombente invasione persiana a fare cambiare idea agli Spartani costretti, a questo punto, a concedere il privilegio non solo a Tisameno ma anche al fratello Egia. Per via di quest’ultimo dettaglio, secondo un’associazione di idee, lo storico di Alicarnasso accosta l’episodio a quello di Melampo, mitico veggente greco che avrebbe fatto rinsavire dalla pazzia le donne di Argo, in cambio di un’ampia porzione del regno per lui e per il fratello Biante (si veda in proposito anche il fr. esiodeo 37 M-W in cui viene specificato che i due fratelli ottennero come ricompensa un kleros). Da questo confronto tra concessione della basileia e della politeia emergono con forza i contenuti politici dell’episodio.

Tale vicenda, da un punto di vista cronologico, si colloca verosimilmente nel periodo che intercorre tra la battaglia delle Termopili in cui l’indovino dell’esercito era Megistia di Acarnania, caduto sul campo, e la battaglia di Platea in cui invece subentra in tale ruolo Tisameno. L’espressione ‘τῶν πάντων μεταδιδόντες’, utilizzata contestualmente al termine politeia, richiama un altro passo delle Storie concernente Sparta e la momentanea accoglienza di stranieri nel proprio territorio. In 4.145 troviamo infatti ‘δεξάμενοι δὲ τοὺς Μινύας γῆς τε μετέδοσαν καὶ ἐς φυλὰς διεδάσαντο’ a proposito dei Mini, popolazione beotica che discenderebbe dagli Argonauti, che aveva chiesto e ottenuto dagli Spartani di “abitare insieme a loro, condividendo una parte delle cariche e ricevendo parte della terra”.

La storia di Tisameno sembra confermare due caratteristiche che vengono tradizionalmente attribuite agli Spartani: 1) la ristrettezza del corpo civico che in epoche successive diventerà un grave problema a causa della nota oligantropia e oligandria; 2) la chiusura nei confronti degli stranieri, marcata dall’unicità di tale provvedimento. La straordinarietà della concessione di politeia a un cittadino di un’altra polis, a ben vedere, non sembra nelle Storie concernere solo gli Spartani. Una spia di tale tendenza è data dal rarissimo termine λεωσφέτερος, hapax in tutta la letteratura greca pervenutaci, da intendere probabilmente come composto di leos (“popolo”) e di sfeteros (“loro”). Questa concernente Tisameno è, peraltro, l’unica attestazione del termine politeia nell’opera e sono pochi altri gli episodi in cui si parla di tale privilegio utilizzando solitamente la perifrasi costituita dal verbo poieo e dal sostantivo polites. Si vedano: il caso degli Smirnei accolti nelle città eoliche (I, 150); quello dei Gefirei ammessi dagli Ateniesi nel loro corpo civico, con poche e irrilevanti limitazioni (V, 57); quello dei Camarinesi integrati da Gelone a Siracusa (VII, 156) e infine la concessione della cittadinanza tespiese a Sienno, ad opera di Temistocle (VIII, 75).

[33.1] Ἕλλησι μὲν Τισαμενὸς Ἀντιόχου ἦν ὁ θυόμενος: οὗτος γὰρ δὴ εἵπετο τῷ στρατεύματι τούτῳ μάντις: τὸν ἐόντα Ἠλεῖον καὶ γένεος τοῦ Ἰαμιδέων Κλυτιάδην Λακεδαιμόνιοι ἐποιήσαντο λεωσφέτερον. [2] Τισαμενῷ γὰρ μαντευομένῳ ἐν Δελφοῖσι περὶ γόνου ἀνεῖλε ἡ Πυθίη ἀγῶνας τοὺς μεγίστους ἀναιρήσεσθαι πέντε. ὃ μὲν δὴ ἁμαρτὼν τοῦ χρηστηρίου προσεῖχε γυμνασίοισι ὡς ἀναιρησόμενος γυμνικοὺς ἀγῶνας, ἀσκέων δὲ πεντάεθλον παρὰ ἓν πάλαισμα ἔδραμε νικᾶν Ὀλυμπιάδα, Ἱερωνύμῳ τῷ Ἀνδρίῳ ἐλθὼν ἐς ἔριν. [3] Λακεδαιμόνιοι δὲ μαθόντες οὐκ ἐς γυμνικοὺς ἀλλ᾽ ἐς ἀρηίους ἀγῶνας φέρον τὸ Τισαμενοῦ μαντήιον, μισθῷ ἐπειρῶντο πείσαντες Τισαμενὸν ποιέεσθαι ἅμα Ἡρακλειδέων τοῖσι βασιλεῦσι ἡγεμόνα τῶν πολέμων. [4] ὁ δὲ ὁρέων περὶ πολλοῦ ποιευμένους Σπαρτιήτας φίλον αὐτὸν προσθέσθαι, μαθὼν τοῦτο ἀνετίμα, σημαίνων σφι ὡς ἤν μιν πολιήτην σφέτερον ποιήσωνται τῶν πάντων μεταδιδόντες, ποιήσει ταῦτα, ἐπ᾽ ἄλλῳ μισθῷ δ᾽ οὔ. [5] Σπαρτιῆται δὲ πρῶτα μὲν ἀκούσαντες δεινὰ ἐποιεῦντο καὶ μετίεσαν τῆς χρησμοσύνης τὸ παράπαν, τέλος δὲ δείματος μεγάλου ἐπικρεμαμένου τοῦ Περσικοῦ τούτου στρατεύματος καταίνεον μετιόντες. ὁ δὲ γνοὺς τετραμμένους σφέας οὐδ᾽ οὕτω ἔτι ἔφη ἀρκέεσθαι τούτοισι μούνοισι, ἀλλὰ δεῖν ἔτι τὸν ἀδελφεὸν ἑωυτοῦ Ἡγίην γίνεσθαι Σπαρτιήτην ἐπὶ τοῖσι αὐτοῖσι λόγοισι τοῖσι καὶ αὐτὸς γίνεται.

[34.1] ταῦτα δὲ λέγων οὗτος ἐμιμέετο Μελάμποδα, ὡς εἰκάσαι βασιληίην τε καὶ πολιτηίην αἰτεομένους. καὶ γὰρ δὴ καὶ Μελάμπους τῶν ἐν Ἄργεϊ γυναικῶν μανεισέων, ὥς μιν οἱ Ἀργεῖοι ἐμισθοῦντο ἐκ Πύλου παῦσαι τὰς σφετέρας γυναῖκας τῆς νούσου, μισθὸν προετείνατο τῆς βασιληίης τὸ ἥμισυ […]

[35.1] ὣς δὲ καὶ Σπαρτιῆται, ἐδέοντο γὰρ δεινῶς τοῦ Τισαμενοῦ, πάντως συνεχώρεόν οἱ. συγχωρησάντων δὲ καὶ ταῦτα τῶν Σπαρτιητέων, οὕτω δὴ πέντε σφι μαντευόμενος ἀγῶνας τοὺς μεγίστους Τισαμενὸς ὁ Ἠλεῖος, γενόμενος Σπαρτιήτης, συγκαταιρέει. μοῦνοι δὲ δὴ πάντων ἀνθρώπων ἐγένοντο οὗτοι Σπαρτιήτῃσι πολιῆται […]

[33.1] Per i Greci colui che celebrava il sacrificio era Tisameno figlio di Antioco: questi seguiva l’esercito in qualità di indovino: era un Eleo, della stirpe degli Iamidi, Clitiade, ma gli Spartani lo fecero loro concittadino. [2] Infatti, una volta che Tisameno consultava l’oracolo di Delfi sulla propria discendenza, la Pizia gli aveva risposto che avrebbe riportato le cinque vittorie più importanti. Tisameno, fraintendendo il responso, convinto di dover vincere delle competizioni ginniche, si dedicò all’atletica: ma, gareggiando nel pentathlon, mancò la vittoria a Olimpia per una sola prova, la lotta; il suo avversario era Ieronimo di Andro. [3] Gli Spartani allora, avendo capito che il vaticino reso a Tisameno si riferiva non agli agoni ginnici, ma a quelli bellici, cercarono di persuadere Tisameno, offrendogli del denaro, a guidarli nelle guerre insieme ai re Eraclidi. [4] Tisameno, vedendo che gli Spartiati ci tenevano molto ad assicurarsi la sua amicizia, compreso questo, alzò il prezzo: fece sapere loro che, se lo avessero reso cittadino e partecipe di tutto, avrebbe accettato la loro proposta, ma per un altro compenso no. [5] Gli Spartiati, sentendo ciò, dapprima si indignarono e lasciarono cadere completamente nel vuoto la sua richiesta; alla fine però, quando ormai incombeva la terrificante minaccia di questa spedizione dei Persiani, lo mandarono a cercare e acconsentirono. Tisameno, constatato che avevano cambiato parere, dichiarò che non si accontentava più di quanto aveva domandato in precedenza e che anche suo fratello Egia doveva diventare Spartiata, alle sue stesse condizioni.

[34.1] Parlando così, prendeva esempio da Melampo, se è possibile mettere a confronto chi reclama un regno e chi la cittadinanza. In effetti anche Melampo, quando le donne di Argo erano impazzite e gli Argivi cercavano di farlo venire da Pilo, dietro compenso, per guarirle, aveva preteso come ricompensa la metà del regno […]

[35.1] Nello stesso modo pure gli Spartiati, poiché avevano un terribile bisogno di Tisameno, cedettero in tutto. Quando gli Spartiati ebbero acconsentito anche alle sue ulteriori richieste, l’eleo Tisameno, divenuto Spartiata, in qualità di indovino li aiutò a riportare le cinque vittorie più importanti. Lui e suo fratello furono gli unici uomini al mondo a ottenere la cittadinanza spartiata […] (traduzione leggermente modificata di A. Colonna e F. Bevilacqua, Torino 1996).

  • J. Bordes, Politeia dans la pensée politique grecque jusqu’à Aristote, Paris 1982, 39-42.
  • P. Cartledge, The Spartan Cotribution to Greek Citizenship Theory, in A. Duploy, R. Brock (eds.), Defining Citizenship in Archaic Greece, Oxford 2018, 179-188.
  • R. Kulesza, Citizenship and the Spartan Kosmos, in J. Filonik – C. Plastow – R. Zelnick-Abramovitz (eds.), Citizenship in Antiquity. Civic Communities in the Ancient Mediterranean, London-New York 2023, 209-225.
  • J. Taita, Indovini stranieri al servizio dello stato spartano. Un’«epoikia» elea a Sparta in una nuova iscrizione da Olimpia, Dike 4, 2001, 39-85.
  • P. Vannicelli, Da Platea a Tanagra: Tisameno, Sparta e il Peloponneso durante la Pentecontaetia, in M. Giangiulio (a cura di), Erodoto e “il modello erodoteo”. Formazione e trasmissione delle tradizioni storiche in Grecia, Trento 2005, 257-276.