L’iscrizione in questione reca il testo, bustrofedico, di un’antica legge proveniente dalla piccola città cretese di Dreros e risalente alla metà del VII secolo a. C. Anche se la struttura sintattica non lascia dubbi circa il carattere eminentemente legislativo del testo (v. Demargne – van Effenterre 1937, 334-335), la formula di ratifica ἆδ’ἔFaδε πόλι (in merito alla quale cf. Nomima I, 64) ricorda chiaramente un decreto, sicché se ne può ragionevolmente concludere che il testo in questione sia, da un punto di vista formale, identificabile con un decreto, che però contiene una legge (v. Koerner 1993, 334). Oggetto di tale legge è il divieto di reiterazione della carica di kosmos prima che sia trascorso un intervallo di tempo di dieci anni (cf. I.Cret. IV.14, g-p2) o, secondo un’interpretazione alternativa (Seelentag 2009; 2015, 148-152), il divieto agli ex kosmoi di continuare a esercitare le funzioni del kosmos (in particolare, quella giudiziaria) anche dopo il termine del mandato (ma v. le ragionevoli obiezioni sollevate da Gagarin – Perlman 2016, 203-204, senza contare che il verbo κόσμεν che occorre nel testo della legge sta con ogni verosimiglianza a significare «servire come kosmos»: cf. I.Cret. IV.72 col. V, ll. 5-6; I.Cret. I, V.4, ll. 3-9). Accogliendo la prima interpretazione, non sembra da escludersi che la città di Dreros disponesse di liste ufficiali che recavano i nomi di coloro che avevano già ricoperto la carica di kosmos (v. Camassa 2004, 48-49; Marginesu 2006, 110-114; Faraguna 2021, 71-72).
In caso di infrazione, tra le altre punizioni che avrebbe dovuto scontare, il kosmos ‘abusivo’ sarebbe stato dichiarato akrēstos, aggettivo dal significato alquanto controverso. Il significato del termine è stato oggetto di dibattito tra chi ha ritenuto che esso rimandasse alla totale privazione dei diritti politici (v. Demargne – van Effenterre 1937, 343; Jacoby 1944; Youni 2010, 152; Camassa 2011, 83; Gagarin – Perlman 2016, 205; Genevrois 2017, 361-362) e chi vi ha invece letto la privazione solo di una parte delle prerogative di chi violasse la legge, in particolare quella relativa all’eleggibilità alla carica di kosmos o a tutte le altre cariche magistratuali (v. Ehrenberg 1943, 16; Koerner 1993, 336; Braun 1994; Hölkeskamp 1999, 93).
Strettamente collegato al problema dell’interpretazione dell’aggettivo akrēstos è quello relativo all’organo dal quale la legge promanava, cioè la πόλις menzionata alla linea 1. Non è infatti ben chiaro se il termine si debba intendere come la comunità politica, e dunque l’insieme dei cittadini riuniti in una sorta di assemblea (così Willetts 1955, 168-169; Koerner 1993, 334-335; Hölkeskamp 1999, 90; Grote 2014, 69; 2016, 139-140, che propone di interpretare la polis come un’assemblea cittadina che però non aveva potere decisionale, ma solo di ratifica per acclamazione), o come un organo più ristretto che rappresentasse i cittadini (così Ehrenberg 1943, 14; Beattie 1975, 14; v. inoltre Youni 2010, 156-157, secondo la quale polis designiava, nella Creta arcaica, qualsiasi organo collegiale che esercitasse un’autorità politica e che dunque potesse rappresentare la comunità politica). La menzione alla linea 4 del collegio dei Venti della polis (oἰ ἴκατι τᾶς πόλιος) tra gli organi magistratuali deputati a prestare giuramento accanto al kosmos e ai dāmioi indurrebbe a pensare che ad approvare ed emanare la legge stessa fosse stata la comunità politica, verosimilmente da intendersi come tutti i residenti maschi dell’area urbana della città (o i possidenti?), probabilmente poi rappresentati dai Venti della polis alla cerimonia del giuramento e contrapposti al dāmos, che invece doveva costituire la componente rurale della popolazione (o coloro che non disponevano di proprietà terriera? Sulla composizione di polis e damos nella Dreros arcaica v. Gagarin – Perlman 2016, 57-58 cf. Grote 2014, 71-73; 2016, 142-143, che ritiene invece che i Venti in questione fossero i membri del Consiglio cittadino rappresentanti delle presunte venti tribù di Dreros). Comunque si voglia interpretare il termine polis, sembra indubitabile che la legge promanasse da un organismo politico ben determinato, che aveva ben chiaro il proprio ruolo e le proprie prerogative e che, soprattutto, aveva definito quali dovessero essere i requisiti minimi che doveva possedere chi intendesse ricoprire la carica di kosmos e, per estensione, chi intendesse giocare un ruolo significativo sulla scena politica della comunità. Sembra perciò difficile sfuggire all’impressione che, pur ammettendo che il concetto di cittadinanza non fosse stato ancora nitidamente, astrattamente e formalmente delineato a quest’altezza cronologica (così per es. Seelentag 2015, 155), fossero nondimeno già evidenti alcune di quelle prerogative che avrebbero poi costituito i parametri in base ai quali determinare l’appartenenza o meno alla comunità politica e, di conseguenza, la titolarità e l’esercizio dei propri diritti di cittadino. Per tale ragione non sembra azzardato sostenere che l’aggettivo akrēstos sia, parzialmente o totalmente, collegato a una sia pur incipiente idea di cittadinanza
1 ἆδ’ἔFαδε | πόλι· | ἐπεὶ κα κοσμήσει, | δέκα Fετίον τὸν ἀ-
1a θιός. ολοιον
2 Fτὸν μὴ κοσμε̃ν· αἰ δὲ κοσμήσιε, ὄπε δικάκσιε | ἀFτὸν ὀπῆλεν | διπλεῖ
κἀFτὸν
3 ἄκρηστον | ἦμεν | ἆς δόοι, | κὄτι κοσμήσιε | μηδὲν | ἤμεν. vac.
4 ὀμόται δὲ | κόσμος | κοἰ δάμιοι | κοἰ ἴκατι | οἰ τᾶς πόλ[ιo]ς.
1a Demargne – van Effenterre propongono θιοσόλοιον («maledetto»), collocato dopo κἀFτὸν : Guarducci vi legge invece θιός ὀ λοΐον («il dio è buono») : Buck proponeva di intendere la sequenza di lettere come θιός ὄλοι ὄν («il dio lo rovini»), collocato dopo κἀFτὸν : Pounder segue Buck, ma propone di collocare la linea all’inizio dell’iscrizione.
Dio oloion? Così ha deciso la polis. Dopo che uno sia stato kosmos, questo stesso individuo non potrà essere di nuovo kosmos per dieci anni. Se dovesse servire in qualità di kosmos, tutte le volte che ricoprirà la funzione di giudice sarà tenuto a pagare una multa equivalente al doppio, sia akrēstos finché vivrà e qualunque atto avrà compiuto da kosmos (abusivo) sarà dichiarato nullo. A giurare saranno il kosmos, i damioi e i Venti della città.
- T. Braun, Xρηστοὺς ποιεῖν, CQ 44, 1994, 40-45
- C. D. Buck, The Greek Dialects, Chicago 1955
- G. Camassa, La lontananza dei Greci, Roma 2004
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- M. Faraguna, Dall’età arcaica al IV secolo in L. Boffo, M. Faraguna, Le poleis e i loro archivi. Studi su pratiche documentarie, istituzioni e società nell’antichità greca, Trieste 2021, 61-367
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