L’epitaffio di Tettichos, datato al periodo compreso tra il 575 e il 550 a.C., rappresenta il più antico esempio di epigramma funerario attico giunto fino a noi. L’iscrizione, rinvenuta in un giardino privato a Sepolia, nei pressi di Atene, costituisce una testimonianza interessante della poesia sepolcrale arcaica e dei suoi legami con il contesto sociale e culturale dell’epoca. Il testo celebra un giovane ateniese caduto in battaglia, inserendone il ricordo all’interno dell’ideale eroico e documentando un momento cruciale del processo di formazione dell’identità civica ateniese.
La morte di Tettichos e l’epigrafe a lui dedicata risalgono al periodo delle guerre tra Atene e Megara per il controllo dell’isola di Salamina. Dopo i conflitti guidati da Solone e Pisistrato, gli Ateniesi conquistarono il porto di Nisea intorno al 575-570 a.C., segnando una fase cruciale delle rivalità. Sebbene l’iscrizione non fornisca dettagli specifici sulla battaglia o sul contesto geografico, è plausibile che Tettichos sia caduto in uno di questi scontri. L’epigramma, tuttavia, non pone l’accento sulle circostanze della morte, ma sull’individualità e sulle virtù del giovane combattente, riflettendo l’approccio elitario e individualista che caratterizzava le commemorazioni dei caduti in guerra nel VI secolo a.C. Monumenti come quello a cui l’iscrizione apparteneva erano generalmente commissionati da famiglie aristocratiche, il cui intento era perpetuare il kleos del defunto e accrescere il prestigio familiare. In ragione di ciò, è possibile ipotizzare alcuni aspetti della struttura e della foggia del monumento che accoglieva l’epitafio. È verosimile che fosse composto da una base, da una stele decorata e, forse, da un rilievo raffigurante Tettichos nei panni di un giovane guerriero o di un oplita. Anche il nome del defunto, unico nel panorama attico, può essere ricondotto agli ambienti aristocratici ateniesi in ragione del simbolismo della “cicala” (τέττιξ, appunto), tradizionalmente associata all’autoctonia e particolarmente cara all’aristocrazia locale.
L’epigramma si articola in due distici elegiaci e ruota intorno al tema della “bella morte” (καλὸς θάνατος), richiamando formule e reminiscenze epiche. Alcune espressioni, come ἄλοθεν ἐλθόν (l. 2, cfr. Od. 7.33, 52, 17.382), ἐν πολέμοι (l. 3, cfr. Il. 18.106) ed hέβεν ὀλέσαντα (l. 4, cfr. Il. 13.763), testimoniano l’uso di un linguaggio poetico di tal tipo e fanno ipotizzare l’esistenza di formulari standardizzati per la composizione di iscrizioni funerarie nella Grecia arcaica. Il testo sottolinea, inoltre, il potere eternizzante della poesia: dopo un’invocazione al passante, lo invita a ricordare ed emulare l’arete del defunto. Tettichos è descritto, infatti, come “valoroso” (ἀγαθός, l. 3), in perfetta sintonia con i valori guerrieri di epoca arcaica (si pensi, per esempio, alle elegie di Tirteo). Il sacrificio del giovane soldato viene così universalizzato, trasformando il caduto in un archetipo di virtù guerresca e di giovinezza spezzata.
L’iscrizione riveste un interesse ulteriore perché rappresenta la sola testimonianza di quella che doveva essere la percezione dei confini della polis da parte di un ateniese dell’età arcaica. La distinzione, presente in apertura, tra l’abitante della città (ἀστός, l. 1) e il forestiero (χσένος, l. 1) suggerisce che, nel VI secolo, l’identità cittadina fosse ancora in corso di definizione, riflettendo una scarsa integrazione tra il centro urbano e la campagna. In questo contesto, il termine xenos non designa soltanto un forestiero esterno alla polis, ma include anche gli abitanti delle zone rurali dell’Attica. Tale terminologia suggerisce che i confini della polis non fossero ancora percepiti come uniformemente estesi all’intero territorio attico. L’epitafio, pertanto, non solo riflette una distinzione sociale e geografica tra centro urbano e campagna, ma rivela anche un immaginario politico e culturale in cui la cittadinanza appare ancora principalmente legata al contesto urbano, relegando simbolicamente e politicamente ai margini le aree extra-urbane.
Inoltre, risulta particolarmente significativo che tale distinzione emerga in un contesto commemorativo. Come tipico delle stele funerarie commissionate da famiglie aristocratiche, l’iscrizione celebra Tettichos non tanto come un membro della polis, quanto come un esponente di un’aristocrazia idealizzata, la cui identità si fonda sull’arete personale più che su un senso di appartenenza collettiva. In tal senso, l’epitafio rappresenta una rara testimonianza di un momento di transizione nella storia ateniese, documentando una fase in cui il concetto di cittadinanza, pur avviato, non aveva ancora assunto i tratti inclusivi e territorialmente unitari che caratterizzeranno l’Atene classica.
L’epitafio offre, dunque, un modello precoce di poesia sepolcrale greca, combinando eleganza formale e profondità tematica. Il suo messaggio, che intreccia memoria, lode e invito all’arete, non solo eternizza la figura del giovane combattente, ma riflette anche valori fondamentali della società attica arcaica. Esso rappresenta, inoltre, una finestra preziosa sulla concezione della cittadinanza nell’Atene preclassica, rivelando una realtà complessa e ancora in divenire.
[εἴτε ἀστό]ς τις ἀνὲρ εἴτε χσένος
ἄλοθεν ἐλθόν ⋮ / Τέτιχον οἰκτίρα-
ς ἄνδρ’ ἀγαθὸν παρίτο, ⋮ / ἐν πολέμοι
φθίμενον, νεαρὰν ℎέβεν ὀλέσαν-
τα ⋮ / ταῦτ’ ἀποδυράμενοι νε͂σθε ἐπ- 5
ὶ πρᾶγμ’ ἀγαθόν.
1 Rangabé leggeva [ἢν δ’ εὔνου]ς τις ἀνὴρ ἐ[π]ίῃ ξένος. [εἴτε ἀστό]ς è proposto, invece, da Peek e Guarducci; Kirchhoff suggeriva [εἴτ’ ἀστό]ς.
Ciascuno, sia cittadino sia straniero sopraggiunto da un altro luogo, passi oltre dopo aver pianto Tettichos, uomo valoroso, caduto in battaglia e privato della sua giovane età. Dopo aver versato lacrime su queste vicende, rivolgetevi a qualcosa di valoroso.
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