Gagarin – Perlman G51 (I.Cret. IV 51; Nomima II, 13). Giuramento dei testimoni a Gortina (500-450 a.C.)

Il testo, sebbene piuttosto frammentario, lascia ricostruire, pur con diversi interrogativi e a grandi linee, il contenuto della legge. Si tratta dell’iter da seguire per il giuramento dei testimoni nell’ambito di un determinato procedimento giudiziario. Molto probabilmente si fa qui riferimento alla pratica in base alla quale una delle parti (solitamente il convenuto) giurava la propria estraneità al fatto avvalendosi del supporto dei propri familiari, che giuravano con lui. In tal caso, il giudice doveva limitarsi a far giurare la parte in causa e i suoi sostenitori e ratificare il giuramento che poneva fine al processo. Tuttavia, non è ben chiaro se nel testo fosse esplicitamente menzionato anche il convenuto (così, per esempio, secondo l’integrazione di Brause alle ll. 5-6) o se i discendenti maschi cui si fa riferimento dovessero subentrare nel giuramento al padre (e nonno) defunto. Non è peraltro chiaro, dato lo stato della pietra specialmente nelle prime linee, se secondo la legge in questione anche il giudice fosse tenuto a giurare. Un ulteriore interrogativo che il testo pone concerne l’oggetto della controversia giudiziaria che fa da cornice al giuramento: la presenza dell’avverbio adaitei alla l. 13, se inteso nel senso di «senza divisione», farebbe pensare a questioni ereditarie (van Effenterre – Ruzé, Koerner contra Guarducci, che ritiene che l’avverbio significhi piuttosto «senza distinzione», in riferimento al ruolo degli individui che avrebbero dovuto prestare il giuramento).

Di particolare interesse è che il testo ponga come condizione imprescindibile perché il giuramento dei figli della parte in causa in questione fosse valido che questi avessero superato la fase della pubertà entrando così nell’età adulta (ebionti) e che fossero anche titolari del diritto di cittadinanza (poliateuonti, il che dimostra che il raggiungimento della maggiore età e il conseguimento della cittadinanza non erano eventi simultanei). Tale condizione trova un significativo parallelo nel Grande codice di Gortina (I.Cret. IV 72, col. IX, l. 33), dove viene codificato l’iter da seguire nel caso in cui fosse riaperto un caso già giudicato dal tribunale, circostanza nella quale il giudice e lo mnamon (il segretario) che si erano occupati di quella stessa causa erano tenuti a dichiarare ciò sotto giuramento, a patto che fossero ancora in vita e soprattutto titolari della cittadinanza. Entrambi i casi dimostrano come, pur in mancanza di una vera e propria formulazione teorica delle prerogative specifiche del cittadino nella Creta arcaica (o protoclassica), tali prerogative fossero chiare ed evidentemente normate e formalizzate, e dunque collocabili entro una ben precisa cornice istituzionale. Tanto i figli adulti del nostro testo quanto il dikastas e lo mnamon menzionati nel Grande codice erano pertanto tenuti a prestare un giuramento che aggiungeva sì solennità e sacralità a un atto formale, ma sempre in un contesto eminentemente giudiziario. Si consideri inoltre l’estrema rilevanza della titolarità della cittadinanza ai fini processuali: entrambi i casi presi in considerazione dimostrano che chi non fosse in grado di produrre dei testimoni che fossero anche cittadini de facto non aveva possibilità di difendersi in tribunale.

		θιõι. ὀμνύμην δὲ δικάκ̣[σαι τὸν Ζῆ-]
		[να καὶ τὸν (?)] Ἀπέλλōνα καὶ τὰν Ἀθαν̣-
		αίαν καὶ τὸν Ἔρμαον, οτ̣[․․․․․․․․]
		[․․․ μηδένα] ἄλλον θιὸν ὀνυμαινέτ̣-
5		οˉ. το͂ δεκαστατήρō καὶ πλί̣[ονος ․․․․]
		[․․․․․․․․ ]εν κ’ υἰὺνς οἴ κ’ ἠβίōντι
		καὶ πολιατεύōντι καὶ τ[ούτōν υἰὺ-]
		[νς οἴ κ’ ἠβίο (?)]ντι ὀμνύμην πάντανς
		[ϝ]ιναυτο͂ι ϝέκαστον ἐπαριό[μενον ἦ μὰν]
10      	[κακίστōι (?)] ὀλέτρōι ἐκσόλλυθαι. τὸ[ν-]
		[ς]μαίτυρανς αὐτὸν ϝέκασ[τον καὶ τὸ-]
		[νς ἀδευπι (?)]ὸνς οἴ κ’ ἠβίοˉντι κἠς τõ α[ὐ-]
		[τ]õ πατρὸς ἴōντι κ’ ἀδαιτηὶ[․․․․․․․․]
		[․․․․․․․․]ρ̣ονς αὐτὸν ϝέκαστο[ν— —]
15	[— — — — — — — — — — — — — — — —] 

5-6 πλί[ονος καὶ αὐτὸν ὀμνύμ]εν Brause : μ]ὲν Guarducci. 

[…] al dio? [Il giudice?] decreti che si debba giurare su Apollo, Atena, Ermes […] e che non si giuri su nessun altro dio. Per i casi del valore di dieci stateri o più […] che giurino i figli che abbiano superato la pubertà e siano in possesso della cittadinanza e i figli di questi se hanno superato la pubertà: giurino tutti di perire di una morte terribile in caso di spergiuro. I testimoni, uno ad uno singolarmente, e i fratelli (?) che abbiano superato la pubertà e siano figli dello stesso padre e senza divisione (della proprietà?), uno ad uno singolarmente [ ---].

  • J. Brause, ΓΟΡΤΥΝΙΩΝ ΟΡΚΟΣ ΝΟΜΙΜΟΣ, Hermes 49, 1914, 102-109
  • M. Gagarin, P. Perlman, The Laws of Ancient Crete c. 650-400 BCE, Oxford 2016
  • M. Guarducci, Inscriptiones creticae IV. Tituli Gortynii, Roma 1950
  • F. Guizzi, Gortina (1000-450 a. C.). Una città cretese e il suo codice, Napoli 2018
  • N. Kennell, Age-class Societies in Ancient Greece?, AncSoc 43, 2013, 1-73
  • R. Koerner, Inschriftliche Gesetzestexte der frühen griechiscen Polis, Köln 1993
  • R. Parker, Law and Religion in M. Gagarin, D. Cohen (eds.), The Cambridge Companion to Ancient Greek Law, Cambridge 2005, 61-81
  • H. van Effenterre, F. Ruzé, Nomima. Recueil d’inscriptions politiques et juridiques de l’archaïsme grec, vol. 2, Roma 1995
  • R. F. Willetts, The Law Code of Gortyn, Berlin 1967