[Xenophon], Ath. 10-12. Difficoltà di distinguere cittadini e non cittadini ad Atene (anni ’20 del V sec. a.C.)

Il brano è tratto da un pamphlet erroneamente attribuito a Senofonte nella tradizione manoscritta, il cui anonimo autore, pur disapprovando decisamente la democrazia ateniese, spiega ad un fittizio pubblico di critici come il suo funzionamento sia coerente ed efficace nell’assicurare ogni vantaggio a coloro che la sostengono, ovvero le masse popolari povere e ignoranti. Tra le varie datazioni proposte dalla critica si accetta qui la sua collocazione nella prima metà degli anni ’20 del V secolo a.C.

Nel passo in questione l’autore lamenta come ad Atene non sia possibile distinguere immediatamente un cittadino da un non cittadino, sia esso meteco o schiavo, tanto che la legge proibisce di picchiare schiavi e meteci proprio per evitare che sia un cittadino ateniese a subire per sbaglio le percosse. Ad un ipotetico interlocutore che si domanda perché gli Ateniesi lasciano che i loro schiavi si arricchiscano e non mostrino alcun timore verso i cittadini (a differenza di quanto accade a Sparta), l’autore risponde che ciò è inevitabile in una potenza navale in cui i padroni dipendono dalla ricchezza dei propri schiavi ed è dunque loro interesse che quest’ultimi guadagnino e non si lascino estorcere denaro da altri. Il ragionamento implicito nella risposta è probabilmente che la necessità di mantenere una grande flotta, per la quale servono fondi ingenti, fa sì che per gli Ateniesi sia cruciale arricchirsi impiegando i propri schiavi in vari mestieri che procurino ai padroni, e di rimando agli schiavi stessi, forti guadagni. Proseguendo sulla stessa linea, l’autore sostiene che ad Atene sarebbe concessa libertà di parola anche ai meteci e agli schiavi di fronte ai cittadini proprio perché la città avrebbe bisogno di loro per il gran numero di mestieri che il mantenimento della flotta – e, si può aggiungere, l’indotto che le gira intorno – comportano.

Tralasciando le tesi enunciate dall’anonimo autore, in questo contesto conviene sottolineare che il brano è frequentemente citato dalla critica per dimostrare come ad Atene fosse spesso difficile capire chi fosse cittadino e chi non lo fosse e come in realtà cittadini e non cittadini, al di là delle barriere costituite dallo status civico, tendessero a mescolarsi e confondersi tra loro frequentando gli stessi luoghi di lavoro e gli stessi spazi di socialità.

Secondo Vlassopoulos (2007) la difficoltà di distinguere cittadini e non cittadini va attribuita non solo alle dimensioni della città e del territorio ateniesi, a causa dei quali la maggior parte dei membri della comunità non si conoscevano tra loro, alla presenza di una massa di popolazione non cittadina, alla diffusa migrazione interna all’Attica e al fatto che gli schiavi potessero lavorare lontano dai rispettivi padroni, ma soprattutto alla peculiare natura del regime politico. Dato che la democrazia ateniese consentiva la partecipazione politica non solo ai proprietari terrieri ma anche ai numerosi cittadini che lavoravano come artigiani e commercianti, cioè gli stessi mestieri in cui erano impiegati la maggior parte dei meteci e un gran numero di schiavi, al contrario di altre poleis dove il discrimine era costituito dal possesso della terra, ad Atene non era immediatamente possibile stabilire se un artigiano o un commerciante fosse cittadino, meteco o schiavo. Il fatto che non si potessero discriminare gli artigiani e i commercianti perché molti di loro erano cittadini faceva sì che un certo livello di protezione e di libertà si estendesse anche ai meteci e agli schiavi che esercitavano gli stessi mestieri.

(10) “τῶν δούλων δ᾿ αὖ καὶ τῶν μετοίκων πλείστη ἐστὶν ᾿Αθήνησιν ἀκολασία, καὶ οὔτε πατάξαι ἔξεστιν αὐτόθι οὔτε ὑπεκστήσεταί σοι ὁ δοῦλος.” οὗ δ᾿ ἕνεκέν ἐστι τοῦτο ἐπιχώριον, ἐγὼ φράσω· εἰ νόμος ἦν τὸν δοῦλον ὑπὸ τοῦ ἐλευθέρου τύπτεσθαι ἢ τὸν μέτοικον ἢ τὸν ἀπελεύθερον, πολλάκις ἂν οἰηθεὶς εἶναι τὸν ᾿Αθηναῖον δοῦλον ἐπάταξεν ἄν· ἐσθῆτά τε γὰρ οὐδὲν βελτίων ὁ δῆμος αὐτόθι ἢ οἱ δοῦλοι καὶ οἱ μέτοικοι, καὶ τὰ εἴδη οὐδὲν βελτίους εἰσίν. (11) εἰ δέ τις καὶ τοῦτο θαυμάζει, ὅτι ἐῶσι τοὺς δούλους τρυφᾶν αὐτόθι καὶ μεγαλοπρεπῶς διαιτᾶσθαι ἐνίους, καὶ τοῦτο γνώμῃ φανεῖεν ἂν ποιοῦντες· ὅπου γὰρ ναυτικὴ δύναμίς ἐστιν ἀπὸ χρημάτων, ἀνάγκη τοῖς ἀνδραπόδοις δουλεύειν, ἵνα λαμβάνωμεν ἃς πράττει τὰς ἀποφοράς, καὶ ἐλευθέρους ἀφεῖναι. “ἐν δὲ τῇ Λακεδαίμονι ὁ ἐμὸς δοῦλος σ᾿ ἐδεδοίκει.” ἐὰν δὲ δεδίῃ ὁ σὸς δοῦλος ἐμέ, κινδυνεύσει καὶ τὰ χρήματα διδόναι τὰ ἑαυτοῦ ὥστε μὴ κινδυνεύειν περὶ ἑαυτοῦ. ὅπου δ᾿ εἰσὶ πλούσιοι δοῦλοι, οὐκέτι ἐνταῦθα λυσιτελεῖ τὸν ἐμὸν δοῦλον σὲ δεδιέναι. (12) διὰ τοῦτ᾿ οὖν ἰσηγορίαν καὶ τοῖς δούλοις πρὸς τοὺς ἐλευθέρους ἐποιήσαμεν, καὶ τοῖς μετοίκοις πρὸς τοὺς ἀστούς, διότι δεῖται ἡ πόλις μετοίκων διά τε τὸ πλῆθος τῶν τεχνῶν καὶ διὰ τὸ ναυτικόν· διὰ τοῦτο οὖν καὶ τοῖς μετοίκοις εἰκότως τὴν ἰσηγορίαν ἐποιήσαμεν.

(10) “E ancora: vi è la più grande indisciplina per schiavi e meteci ad Atene, e lì non è possibile picchiarli, né uno schiavo si farà da parte per te. E la ragione per la quale questa è la pratica locale, te la dirò io. Se fosse legale per un libero cittadino percuotere uno schiavo o un meteco o un liberto, spesso colpirebbe un cittadino ateniese ritenendolo uno schiavo. Per quanto riguarda l’abbigliamento, infatti, lì il popolo non è affatto migliore che gli schiavi e i meteci, né sono affatto migliori per l’aspetto. (11) E se qualcuno si meraviglia anche di questo, che lì lasciano gli schiavi vivere nel lusso e alcuni fare una vita grandiosa, si vedrà che anche questo lo fanno a ragion veduta: infatti, dove vi è una potenza navale basata sul denaro, è necessario essere schiavi dei propri schiavi affinché otteniamo la nostra parte di ciò che (lo schiavo) guadagna col suo lavoro, e poi lasciarli liberi. «Ma a Sparta il mio schiavo avrebbe paura di te». Ma se il tuo schiavo mi temesse, ci sarebbe il rischio che mi desse il suo denaro per non correre alcun rischio lui stesso. E dove ci sono schiavi ricchi, là non è più conveniente che il mio schiavo abbia paura di te. (12) Per questa ragione, dunque, abbiamo concesso la libertà di parola anche agli schiavi di fronte ai liberi, e ai meteci di fronte ai cittadini, perché la città ha bisogno di meteci per il gran numero di mestieri e per le esigenze della flotta; per questa ragione, dunque, com’è logico, abbiamo concesso la libertà di parola anche ai meteci”.

  • Cohen E.E., The Athenian Nation, Princeton 2000
  • Marr J.L. – Rhodes P.J., The ‘Old Oligarch’. The Constitution of the Athenians attributed to Xenophon, Oxford 2008
  • Serra G. (ed.), Pseudo-Senofonte. Costituzione degli Ateniesi, Milano 2018
  • Vlassopoulos K., Free Spaces: Identity, Experience, and Democracy, CQ 57, 2007, 33-52