Isocrates, 8.91. Archontes e archomenoi (356/5 a.C.)

L’orazione Sulla pace è incentrata sull’inadeguatezza della politica estera ateniese e della classe dirigente democratica, presentata come formata da demagoghi indifferenti al bene comune. Nel testo si guarda al passato per trovare un modello costituzionale adeguato, capace di impedire che la città sia guastata dall’egemonia, e si sviluppa il tema del contrasto tra generazioni.

In mancanza di precisi riferimenti alle modalità di esercizio della cittadinanza nel contesto di un impianto istituzionale rifondato, appare interessante il § 91, che riguarda il rapporto fra archontes e archomenoi.  Il contesto è quello dell’elogio della generazione delle guerre persiane e della critica alla tirannide:

 Ὧν ἀμελήσαντες οἱ γενόμενοι μετ’ ἐκείνους οὐκ ἄρχειν, ἀλλὰ τυραννεῖν ἐπεθύμησαν, ἃ δοκεῖ μὲν τὴν αὐτὴν ἔχειν δύναμιν, πλεῖστον δ’ ἀλλήλων κεχώρισται· τῶν μὲν γὰρ ἀρχόντων ἔργον ἐστὶν τοὺς ἀρχομένους ταῖς αὑτῶν ἐπιμελείαις ποιεῖν  εὐδαιμονεστέρους, τοῖς δὲ τυράννοις ἔθος καθέστηκεν τοῖς τῶν ἄλλων πόνοις καὶ κακοῖς αὑτοῖς ἡδονὰς παρασκευάζειν.

Trascurando tutto questo, quelli che vennero dopo di loro desideravano non esercitare il comando, ma la tirannide, che sembrano avere lo stesso carattere, ma differiscono moltissimo l’uno dall’altra. Compito di chi esercita le magistrature (archontes), infatti, è di rendere più felici i governati (archomenoi) con le proprie cure, mentre i tiranni hanno l’abitudine di procurarsi piaceri con le fatiche e i dolori altrui.

Il passo propone una contrapposizione fra archontes e archomenoi che nel sistema democratico non aveva ragione d’essere, dato che tra le due categorie vi era una sostanziale corrispondenza (per le magistrature sorteggiate: la differenza rispetto al demos era data solo dai limiti d’età). Ma il breve riferimento non entra nei particolari e non definisce con precisione le due figure che evoca.

Il tema dell’archomenos polites è molto discusso intorno alla metà del secolo. In particolare, il Libro III della Politica di Aristotele (§ 1277), che viene considerato fra i più antichi, si apre con la questione della definizione del cittadino. Scrive Aristotele che “polites, componente della comunità politica, è anche chi è governato (ho archomenos)”. Discute poi delle qualità del cittadino sottolineando la congiunzione tra i ruoli del comando e dell’obbedienza, archein kai archesthai, nella figura del polites: “Il buon cittadino deve sapere ed essere capace sia di essere governato sia di governare, e la qualità eminente, la perfezione stessa (arete) del cittadino consiste nel conoscere il potere degli uomini liberi —il potere politico, che i liberi esercitano sui liberi— da entrambi i lati” (1277b13-16).

È chiaro che Isocrate accetta la prospettiva secondo cui la figura del cittadino non è necessariamente quella che si è definita nella democrazia ateniese, in cui il diritto di esercitare i pieni diritti politici è aperto a tutti i liberi maschi adulti. Tuttavia, in questo passo mancano elementi per meglio definire l’archomenos polites. Qualcosa di più chiaro, dal punto di vista concettuale, si trova in Areop. 26-27 e in Panath. 131-133 e 147.

  • P. Accattino, M. Curnis (a cura di), Aristotele, La politica, III. Roma 2013
  • C. Bearzot, Studi su Isocrate (1980-2020), Milano 2020
  • K. Bringmann, Studien zu den politischen Ideen des Isokrates, Göttingen 1965
  • P. Cloché, Isocrate et son temps, Paris 1963
  • M. Silvestrini, Terminologia politica isocratea, II. L’Areopagitico o dell’ambiguità isocratea, QS 4.7 (1978), pp. 169-183
  • E. Poddighe, Nel segno di Antipatro. L’eclissi della democrazia ateniese dal 323/2 al 319/8 a.C. Roma 2002, pp. 84-98